IL “DIRITTO DI NON ABORTIRE”

Condividiamo il seguente comunicato ricevuto da UDI Ferrara IL “DIRITTO DI NON ABORTIRE”: UNA SFACCIATA E DISONESTA OPERAZIONE RETORICA Su molte strade sono nuovamente comparsi manifesti, commissionati dall’associazione Pro Vita, invocanti un presunto diritto di non abortire. Ma quale diritto hanno bisogno di implorare?Il diritto di non fare qualcosa presuppone che esista un obbligo di fare qualcosa di opposto. Ma nel nostro paese non esiste nessun obbligo di abortire! Maggiori finanziamenti da destinare al welfare sociale vanno richiesti per le migliaia di madri che i figli li hanno fatti, ma che non sono in grado di mantenerli perché estremamente povere e abbandonate. Queste sono le donne a rischio, le donne che si rivolgono ai servizi sociali e alle associazioni. Questa dilagante situazione non ha a che fare con la insindacabile volontà di una donna di abortire: un gesto di responsabilità e libertà in cui confluiscono valutazioni personali e intime cui va riconosciuta piena soggettività etica e morale. In realtà, il messaggio – nemmeno troppo dissimulato – di Pro Vita è ben altro: avere un controllo sulle scelte riproduttive delle donne e rendere più difficile l’accesso all’interruzione di gravidanza, ciò che sta effettivamente accadendo  a causa del numero sproporzionato di personale sanitario obiettore di coscienza che, di fatto, limita fortemente l'accesso alla legge 194. Continua così l’odiosa condanna morale che respingiamo fermamente.Ma non saranno anacronistiche condanne morali e infingimenti vari a convincere le donne, che non vogliono, a fare figli.L’ultima parola è della donna. La donna dà la vita.  Pro vita non è per la vita. Pro Vita è solo contro le donne.    ​

Comunicato apertura CUAV a Perugia

Il Consiglio Comunale di Perugia, nel 2021, ha approvato all’unanimità l’ordine del giorno, presentato dai consiglieri Massimo Pici del gruppo consiliare Perugia Civica e Cristiana Casaioli del gruppo consiliare Progetto Perugia, per l'apertura di uno "Sportello per uomini maltrattanti”. Pochi giorni fa, abbiamo appreso dalla stampa locale che il centro è di prossima apertura, Vi riproponiamo quindi il comunicato che abbiamo preparato all'indomani della delibera comunale. Comunicato Udi Perugia del 22.02.21 Noi donne dell’Udi di Perugia restiamo basite e preoccupate di fronte a tale scelta, peraltro presa all'unanimità da tutti i membri del Consiglio Comunale, perché siamo convinte che la violenza maschile contro le donne non sia un problema individuale, del singolo uomo maltrattante, il più delle volte considerato malato e bisognoso di cure, ma un fenomeno strutturale che può essere contrastato solo con un reale cambiamento culturale e sociale che investa tutti, uomini e donne. Un uomo che agisce violenza nei confronti di una donna non cambia in pochi mesi. Se decide di intraprendere un percorso di cambiamento e di assumersi la responsabilità del proprio comportamento di maltrattamento fisico e/o psicologico, deve anche farsi carico del costo di tale percorso, senza dover necessariamente usufruire di fondi pubblici che, invece, andrebbero destinati alle donne che scelgono di uscire da relazioni violente. La maggior parte delle donne che si rivolgono ai Centri Antiviolenza versano in condizioni economiche precarie e vivono sotto la soglia minima di povertà. Il disagio economico influenza i tempi di permanenza nelle Case rifugio che si allungano sempre di più. Mentre negli anni 90 ci volevano circa sei mesi per permettere alle donne di concludere il percorso di fuoriuscita dalla violenza, oggi i tempi necessari alla costruzione dell’autonomia economica vanno da un anno e mezzo a tre, quando ci si riesce. Ci chiediamo, quindi, perché non impiegare risorse economiche pubbliche per creare un fondo per aiutare le donne a pagare canoni di affitto o utenze, per sostenere i costi di un percorso di sostegno psicologico quando hanno necessità di elaborare il trauma della violenza o ancora per il risarcimento materiale o morale per i danni subiti. Ravvisiamo, inoltre, un'altra criticità in questi percorsi che rigurada l’uso strumentale che ne viene fatto da parte dei maltrattanti. Le richieste ai Centri d’ascolto per uomini maltrattanti, da parte di coloro che sono stati denunciati per maltrattamenti in famiglia o che hanno in corso procedimenti di separazione o relativi all'affidamento dei figlie/e minori in ambito civile, sono finalizzati ad ottenere sconti di pena e/o benefici in relazione ai diritti di visita con i figli. Molti di questi uomini e padri, dopo aver frequentato per poco tempo i centri per maltrattanti, senza neanche concludere il percorso, chiedono l’affidamento condiviso dei figli che, in molti casi, rifiutano di incontrare i padri violenti. Sappiamo bene che nei tribunali civili, la paura dei bambini e delle bambine di frequentare padri violenti viene spiegata facendo ricorso all'Alienazione Parentale, teoria priva di fondamento scientifico, utilizzata nelle aule giudiziarie per screditare le donne che in sede di separazione richiedono protezione in favore dei figli e figlie che si rifiutano di avere rapporti con i padri perché traumatizzati dalla violenza assistita. In sostanza si finisce per non riconoscere il trauma dei bambini e delle bambine e per colpevolizzare la madre che intende proteggerli/e. La Commissione sul femminicidio ha il merito di aver aperto un’inchiesta su oltre 500 casi, anche se non è chiaro quali iniziative saranno prese per porre rimedio alle continue violazioni della Convenzione di Istanbul e delle Convenzioni Internazionali che tutelano i diritti dei bambini e delle bambine vittime di violenza assistita. Ci sono voluti anni molti anni per avere in Umbria un sistema antiviolenza e i Centri Antiviolenza residenziali, ma sia gli sportelli che i Cav non vengono finanziati adeguatamente e sono sempre in difficoltà nel prevedere percorsi per le donne che vi si rivolgono, a causa della mancanza di risorse strutturali In conclusione siamo convinte che l'istituzione di un Centro per uomini maltrattanti sia l’ennesima beffa per le tante donne che ogni giorno rischiano la vita tra le mura domestiche, abbiamo necessità di politiche sociali e culturali di altra natura, che incidano sul welfare, abbiamo bisogno che le risorse pubbliche vengano utilizzate per sostenere le donne che hanno subito violenza attraverso interventi in termini economici, abitatiti, lavorativi, così da non essere più soggette al ricatto economico degli uomini maltrattanti quando decidono di allontanarsi e di proteggere se stesse e i loro figli.​    

Solidarietà alla preside Annalisa Savino

Nell’esprimere solidarietà alla Preside Annalisa Savino, minacciata neppure troppo larvatamente dal ministro Valditara, vogliamo ringraziarla pubblicamente per non aver dimenticato il ruolo educativo della scuola, ed avere con la sua lettera chiarito l’importanza dell’educazione civica, materia scolastica talvolta cancellata e spesso trascurata. Ricordiamo al ministro Valditara che: 1)- il fatto che i ragazzi picchiatori siano stati individuati e denunciati non esime  dal commentare l’episodio per quello che è: un attacco squadrista. Su questo la Preside ha giustamente richiamato l’attenzione degli studenti, non accettando che un simile episodio sia derubricato come semplice rissa. Poi si aspetterà il corso della giustizia, ma il commento è d’obbligo.Grazie Preside per non essersi sottratta  a quello che, giustamente, ha sentito come suo preciso dovere.  2)- la Repubblica italiana nasce dalla Resistenza ed è antifascista,, dunque anche la scuola pubblica lo è. Non esiste solo il fascismo storico, con un inizio e una fine, altrimenti la nostra Costituzione sarebbe basata su valori obsoleti che si possono sempre rivedere. Così non è. 3)- Anche la nostra Associazione, Unione Donne in Italia, che non si riconosce in nessun partito o schieramento politico, nasce dalla Resistenza ed è antifascista per statuto.  Dunque si può, nella Repubblica nata dalla Resistenza, che si è data la Costituzione su cui Lei ha giurato, si può e si deve respingere il fascismo vecchio e nuovo. Al silenzio della Presidente Meloni fanno da sinistro contraltare le sue  pesanti parole contro la Preside Annalisa Savino. Lei  tradisce il suo ruolo e fa un danno alla scuola e al Paese, prima che ad una Preside coraggiosa. UDI- Unione Donne in Italia  Roma 24 febbraio2023    ​

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