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PROSSIMI APPUNTAMENTI SEDE NAZIONALE

Calendario UDI 2024

Il CORAGGIO delle donne è il denominatore comune che accompagna le pagine di questo calendario. Verte, infatti, sul coraggio di donne o movimenti che nel contrastare dittature, governi, criminalità, per avere libertà, diritti, cultura, parità, senza esitazione hanno messo a rischio la vita. Azioni e modelli che hanno avuto eco nel mondo e sono di esempio a tutte/i noi, anche oggi. La premessa dà seguito ad immagini, didascalie, citazioni, che mese dopo mese, in un percorso storico e globale, dicono di tante donne straordinarie, che non dobbiamo dimenticare. Loro non hanno taciuto e questo è il primo atto di coraggio, spesso il più difficile.  Non si sono fermate e non si fermano le rivolte delle donne iraniane a fronte di impiccagioni e torture; le donne afghane che il potere talebano ha rese invisibili; la lotta MeToo in USA contro le molestie e stupri nei luoghi di lavoro; la cancellazione dell’autodeterminazione delle polacche; il “femminicidio” coniato e combattuto dalle messicane; la difesa della propria terra, quale valore di esistenza delle donne amazzoniche; il bisogno di diritti delle yemenite; la richiesta di giustizia e verità delle argentine di Plaza de Maio e delle donne contro la mafia in Italia; gesti di pace, di parità e riconoscimento dei propri territori delle curde e palestinesi; la rivolta delle “spose bambine” della Guiana…, sono alcuni esempi di coraggio e lotte di oggi e di ieri, che danno credito al nostro presente e ci fanno guardare avanti.  A fianco di queste donne e delle loro organizzazioni, UDI ha lavorato, in questi anni, dando sostegno politico e materiale, mettendo in campo azioni e mobilitazioni verso i governi e le istituzioni internazionali, voci di protesta, ma anche di ricostruzione e speranza.         

Manifestazione "la strada maestra"

"(...) La Costituzione antifascista nata dalla Resistenza – nel riconoscere il lavoro come elemento fondativo, la sovranità del popolo, la responsabilità delle istituzioni pubbliche di garantire l’uguaglianza sostanziale delle persone, i diritti delle donne, il dovere della solidarietà, la centralità della tutela dell’ambiente e degli ecosistemi, il ripudio della guerra come strumento di risoluzione delle controversie internazionali – ha delineato un assetto istituzionale che, attraverso la centralità del Parlamento, fosse il più idoneo ad assicurare questi principi costitutivi e a realizzare un rapporto tra cittadini/e e istituzioni che non si esaurisce nel solo esercizio periodico del voto ma si sviluppa quotidianamente nella dialettica democratica e nella costante partecipazione collettiva della rappresentanza in tutte le sue declinazioni politiche, sociali e civili. Per contrastare la deriva in corso e riaffermare la necessità di un modello sociale e di sviluppo che riparta dall’attuazione della Costituzione, non dal suo stravolgimento, ci impegniamo in un percorso di confronto, iniziativa e mobilitazione comune che – a partire dai territori e nel pieno rispetto delle prerogative di ciascuno – rimetta al centro la necessità di garantire a tutte le persone e in tutto il Paese i diritti fondamentali e di salvaguardare la centralità del Parlamento contro ogni deriva di natura plebiscitaria fondata sull’uomo o sulla donna soli al comando.PER QUESTE RAGIONI E A SOSTEGNO DELL’INSIEME DELLE PROPOSTE INDICATE, CI IMPEGNIAMO A REALIZZARE Il 7 OTTOBRE UNA GRANDE MANIFESTAZIONE A ROMA per il lavoro, contro la precarietà, per la difesa e l’attuazione della Costituzione, contro l’autonomia differenziata e lo stravolgimento della nostra Repubblica parlamentare".ACLIACTION AIDALI - AUTONOMIE LOCALI ITALIANEALLEANZA PER LA RIFORMA DELLE CURE PRIMARIE IN ITALIAANPIANTIGONEAOI - COOPERAZIONE E SOLIDARIETÀ INTERNAZIONALEARCIARTICOLO 21ASSOCIAZIONE LAUDATO SI'- UN'ALLEANZA PER IL CLIMA, LA TERRA E LA GIUSTIZIA SOCIALEASSOCIAZIONE AMORE E PSICHEASSOCIAZIONE LA BOTTEGA DEL POSSIBILEASSOCIAZIONE PER IL RINNOVAMENTO DELLA SINISTRAASSOCIAZIONE PROTEO FARE SAPEREASSOCIAZIONE SALUTE DIRITTO FONDAMENTALEASSOCIAZIONE SALUTE INTERNAZIONALEASSOCIAZIONE VICENTINA CILLSA (CITTADINI PER IL LAVORO, LA LEGALITÀ, LA SALUTE E L’AMBIENTEAUSERCAMMINARE INSIEME ODVCAMPAGNA PHC PRIMARY HEALTH CARE NOW OR NEVERCGILCIPESCIPES - CENTRO INIZIATIVE PROMOZIONE DELLA SALUTE E L'EDUCAZIONE SANITARIACITTADINANZATTIVACNCACOMITATO DI QUARTIERE CONA,FONTE BAIANO E PIANO SOLARE-CENTRALE TERAMOCOMUNITÀ SAN BENEDETTO AL PORTOCOORDINAMENTO DEMOCRAZIA COSTITUZIONALECOORDINAMENTO SALUTE MENTALECOPERSAMMCRSEMERGENCYEUROPE FOR PEACEFAIRWATCHFEDERCONSUMATORIFONDAZIONE ALESSANDRO E TULLIO SEPPILLI  E.T.S.FONDAZIONE FRANCA E FRANCO BASAGLIAFONDAZIONE GIMBEFONDAZIONE NILDE IOTTIFORUM DISEGUAGLIANZE DIVERSITÀFORUM DROGHEFORUM ITALIANO DEI MOVIMENTI PER L'ACQUAFORUM PER IL DIRITTO ALLA SALUTEFORUM SALUTE MENTALEGREENPEACEGRUPPO ABELEGRUPPO SOLIDARIETÀISTITUTO FERNANDO SANTIISTITUTO GRAMSCI DI FERRARALEGAMBIENTELIBERALIBERTÀ E GIUSTIZIALINKLISBON INSTITUTE OF GLOBAL MENTAL HEALTMEDICINA DEMOCRATICAMOVIMENTO PER LA SANITÀ PUBBLICANONNA ROMAOSSERVATORIO STOP OPGPRIMA LA COMUNITÀPSICHIATRIA DEMOCRATICARETE ITALIANA PACE E DISARMORETE NUMERI PARIRETE SALUTE WELFARE TERRITORIORETE STUDENTI MEDISALUTE DIRITTO FONDAMENTALESALVIAMO LA COSTITUZIONESBILANCIAMOCISIEPSOLARIS ODVSOS SANITÀSUNIATAVOLO INTER ASSOCIATIVO SALTAMURITAVOLO NO AUTONOMIA DIFFERENZIATAUDI - UNIONE DONNE IN ITALIAUDSUDUUISPUNASAMVE.R.SO VENETO RICERCA SOCIALEWWF  Link manifestazione: https://www.collettiva.it/copertine/lavoro/2023/08/04/news/la-via-maestra-insieme-per-la-costituzione-7-ottobre-cgil-appello-3298933/    

Mai dire Donna - Adriana Cavarero

Elena Ferrante l’ha indicata come ispiratrice dell’Amica geniale, solo un esempio dell’ammirazione e dell’importanza riconosciute alla filosofa politica femminista Adriana Cavarero.Fondatrice, negli anni Novanta, di Diotima, comunità filosofica che ha influito su generazioni di pensatrici, attiviste, artiste e politiche in tutto il mondo, Cavarero ha insegnato all’Università di Verona e pubblicato, fra l’altro, Il pensiero della differenza sessuale e Tu che mi guardi, tu che mi racconti. Filosofia della narrazione.Ora Castelvecchi ripropone tutta la sua opera, oltre al nuovo Donne che allattano cuccioli di lupo, mentre a dicembre Mondadori manderà in libreria Essere una donna (titolo provvisorio). Un anno fa, intervistata per L’Arena da Stefano Lorenzetto, osservava: “La teoria del gender fluid sostenuta dalle avanguardie Lgbt è che ci sono persone le quali fanno esperienza del cambio di sesso e verrebbero escluse dalle categorie uomo e donna. La loro polemica più accentuata è verso l’uso della parola donna. Vogliono che non si dica che le donne partoriscono, ma che ‘le persone con utero’ partoriscono... dopo duecento anni di lotte delle donne per avere una soggettività politica femminista, si elimina il soggetto che ha compiuto questa rivoluzione... Si tratta di un’operazione metafisica, fondata sulla cancellazione della realtà e della percezione, oltraggiosa per il movimento delle donne. Ora che gliel’ho detto, voleranno gli stracci “. Adriana Cavarero, che cosa è successo, dopo quell’intervista? Sapevo che il semplice dire una fattualità di cui rende conto, per esempio, la scienza biologica, avrebbe provocato la reazione della galassia lgbtqi+, ed è accaduto.E’ vietato dichiarare che i sessi sono due, la censura è fortissima.Chi lo fa, secondo costoro, si pone automaticamente a destra, con conservatori, neocattolici, reazionari. La neolingua proibisce la parola “donna”, non può essere detta né scritta. In un saggio per un libro collettaneo in inglese ho usato “women” e l’editor ha proposto, per il mio bene, di sostituirla con “persone con utero”. Il tema del mio saggio sarebbe così diventato: “Le persone con utero nella narrativa del Novecento”. Mi sono rifiutata, ho lasciato “women”. Ma io sono in pensione, libera, mentre in Inghilterra e negli Stati Uniti ti licenziano.I censori impongono la neolingua in nome di un dogma quasi religioso: bisogna credere a qualcosa che non si vede, si fa anzi l’esperienza oppostaI fautori della neolingua contestano il dato, o meglio il fatto, della differenza sessuale, per cui gli esseri umani, come gli altri animali, sono divisi in individui di sesso femminile e maschile – noi li chiamiamo uomini e donne. Questa realtà sarebbe una gabbia teorica, un pregiudizio che escluderebbe coloro che transitano da un sesso all’altro o che non si riconoscono in nessuno dei due sessi o si auto percepiscono come fluidi.Transitare da un sesso all’altro non significa che i sessi sono due?All’interno ci sono tante sfumature, ma dal punto di visto logico il transito avviene fra i due poli della differenza sessuale. L’obiezione abituale a chi afferma il fatto che i sessi sono due è l’esistenza di persone intersex, che alla nascita presentano organi genitali maschili e femminili e un quadro ormonale che non permette di catalogarli. Prima della medicina moderna non si interveniva, poi è invalsa la pratica di “correggere” chirurgicamente queste persone alla nascita, conformandole a uno dei due sessi. Oggi si riconosce che questa operazione precoce crea enormi problemi e molta sofferenza. La tesi lgbtqi+ sostiene che le persone intersex sono nel mondo tante quante quelle con i capelli rossi, ma altri studi negano che il numero sia così alto. Eppure, in nome di questa realtà marginale rispetto al funzionamento del genere umano e animale, si dice che, quando scriviamo o diciamo che i sessi sono due, noi compiamo un colpevole atto di esclusione nei confronti delle persone intersex, oltre che delle persone fluide su base non biologica. La minoranza di persone intersex assurge a paradigma regolativo, da cui la famosa frase “sesso assegnato alla nascita”, che io ritengo una summa della neolingua, visto che non vale per la stragrande maggioranza degli esseri umani, che è maschio oppure femmina perché tale “appare alla nascita” come direbbe Hannah Arendt.I protocolli della neolingua vietano le desinenze finali o frasi come “tutti e tutte”: va usato l’asterisco o la schwaL’effetto della neolingua che neutralizza la differenza sessuale è la cancellazione del femminile, e per una femminista è stupefacente, perché noi abbiamo lottato contro l’uso del maschile universale. Ricordo la mia contentezza nel sentire per la prima volta dire alla radio “ascoltatori e ascoltatrici”. Ora si dovrebbe dire “Buongiorno a tutt coloro che ascoltano? A tuttu coloro che ascoltano”? Ridicolo, oltre che cacofonico. Il femminismo ha combattuto perché la lingua riconoscesse la differenza sessuale, ora il sesso femminile è occultato e ricompreso in un neutro universale che è in verità maschile.Ma il movimento lgbt non era nostro alleato?La lotta delle donne è stata condotta anche attraverso l’alleanza con i movimenti delle minoranze sessuali. Da queste minoranze viene ora la pretesa di cancellare attraverso la neolingua la soggettività femminile, che ha sempre combattuto accanto a loro. Una situazione che giudico ingiuriosa. Eppure alcune femministe sembrano d’accordoParte del femminismo, e della sinistra, subisce l’eterno fascino delle avanguardie sovversive, e il mondo lgbtqi+ è, in tal senso, un’avanguardia. Il femminismo si è sempre considerato un’avanguardia in lotta contro l’oppressione patriarcale e il sistema autoritario, in posizione di rottura rispetto alla tradizione. Ora una rottura clamorosa ci è piombata addosso conla neolingua di minoranze sessuali che vogliono cancellare la parola “donna”. A prima vista la neolingua sembra sovversiva, e i suoi i fautori si presentano come rivoluzionari, pronti ad abbattere il castello patriarcale. Ma è un abbaglio, il cui risultato è un rafforzamento del patriarcato. Non a caso, nella galassia lgbtqi+ gli omosessuali maschi sono largamente egemoni. La mia posizione è combattere per la libertà delle donne, contro lo sfruttamento e la cancellazione della soggettività femminile. Le femministe alleate con la neolingua sbagliano, perché aderiscono a posizioni che cancellano la storia del femminismo, usato come un qualunque brand, senza rispetto né conoscenza della sua storia e del suo pensiero. In che senso sei femminista, se accetti di sostituire la parola “donna” con l’espressione “persona con utero”? Come mai la neolingua non è altrettanto accanita nel sostituire la parola “uomini” con “persone con testicoli”?Uno degli argomenti dei sostenitori della neolingua è che sarebbe uno strumento di inclusioneLa neolingua ruota intorno alla parola “inclusione” come bene assoluto, mentre il male è l’esclusione. Io diffido del concetto di inclusività. Nella mia storia di studiosa di filosofia ho sempre combattuto le parole inclusive universali, come la parola “uomo”, che ha sempre preteso di essere universale e di includere l’intero genere umano, perché sono espressione di volontà di dominio. Nella storia politica cui appartengo, quella femminista, il termine inclusione era assente, perché rimanda a una pretesa universalità. Al centro della storia del femminismo non c’è affatto la ricerca di parole inclusive bensì di parole che sottolineano la differenza, la pluralità. Quella femminista è una soggettività che sottolinea innanzitutto la sua parzialità, una parzialità reale, in carne e ossa, la parzialità reale delle donne che rivendicano un ordine simbolico e un immaginario per il loro sesso.Un altro tema centrale sul quale la polemica è aspra, perfino fra femministe, è la maternità.La critica della mistica della maternità, il rifiuto della maternità come destino, trappola funzionale all’oppressione patriarcale, fa parte della storia del femminismo. E’ prevalsa nel femminismo, soprattutto angloamericano, una tendenza a trascurare il tema della maternità. Ora ne paghiamo lo scotto, perché si è imposto un nuovo discorso sulla maternità che io chiamo un “perfezionamento della tesi di Aristotele”. Per Aristotele l’utero è un contenitore organico, addetto alla maturazione del feto che poi viene espulso. Si tratta della riduzione della donna a utero e dell’utero a contenitore del bambino che poi, però, appartiene al padre e non alla madre. Un immaginario che preannuncia l’utero in affitto. L’ingegneria genetica ha reso possibile il sogno di Aristotele: la madre gestante viene considerata un puro utero, un contenitore al servizio di altri, adatto a far crescere l’embrione, che le è stato impiantato, e a farlo diventare un bambino, che però non è suo. Gli antichi,con Eschilo, dicevano che la madre non è la generatrice bensì solo la nutrice del feto, e il bambino che partorisce è perciò del padre. Adesso invece il bambino è dei committenti. L’industria della procreazione sfrutta soprattutto le donne più povere, le costringe dentro contratti in base ai quali la donna-utero deve mangiare, curarsi, abortire o non abortire, regolare i suoi rapporti affettivi, partorire in un modo o in un altro, essere sedata dopo il parto per non disturbare i committenti con il suo dolore. Perfino i pensieri e i sentimenti delle donne-utero sono colonizzati, devono accettare consulenze psicologiche per non legarsi al feto che portano in grembo. E affrontano rischi per la salute, per via delle stimolazioni ormonali, e perché il loro corpo deve adattarsi a ospitare l’ovulo di un’altra, con un diverso patrimonio genetico. Per non parlare del neonato, di cui sono violati i diritti umani fondamentali, nessuno escluso.Eppure ci sono donne favorevoli in nome dell’autodeterminazioneSi tratta piuttosto un’accettazione pedissequa del principio individualista neoliberale moderno, quello che nasce con Locke e con Kant. Fossero oneste, direbbero: io abbraccio affettuosamente il paradigma dell’individualismo neoliberista funzionale al mercato globale, contrariamente al femminismo che ha invece sempre parlato di soggettività relazionale e ha nutrito un’estrema diffidenza verso il feticcio dell’individuo che si autodetermina. Non solo la critica femminista, ma pressoché tutte le scienze umane hanno da tempo denunciato la figura dell’individuo che si autodetermina come fasulla, mostrando come qualsiasi decisione sia condizionata dalla situazione in cui ci troviamo: le donne povere affittate come uteri subiscono moltissimi condizionamenti materiali e culturali, altro che autodeterminazione. Un altro aspetto del tutto estraneo alla critica femminista è l’assolutizzazione del desiderio di maternità e di paternità, la trasformazione in diritto, un delirio fomentato e indotto dall’industria della procreazione. Il femminismo teorizza e pratica la cultura del limite e della parzialità, in diretto contrasto con il sogno maschile di onnipotenza. Mi indigna l’ipocrisia di coloro, miei fratelli e sorelle di sinistra, che si dicono contrari alla gestazione per altri commerciale ma salvano quella “solidale”, in cui la madre surrogata “dona” il bambino ai committenti. Come prova portano i racconti delle “donatrici” che esprimono felicità, frutto di un marketing della narrazione che sa il fatto suo. Ammettiamo che ci siano casi in cui una donna fa dono di un figlio a una sorella sterile, casi rarissimi che non mobiliterebbero l’opinione pubblica e la legge. Ma non nascondiamoci dietro un dito: si tratta di dire sì o no a mercati procreativi che sfruttano i corpi delle donne e riducono i bambini a oggetti producibili e scambiabili. Il problema non è complesso, come ipocritamente si dice, e la soluzione è ancor più semplice: allargare l’adozione.La teoria gender viene fatta risalire alla filosofa americana Judith Butler. Avete collaborato e anche scritto insieme: credi che delle sue teorie sia stato fatto un uso che va oltre le intenzioni dell’autrice?Butler è una pensatrice geniale, generosa e capace di evoluzione, perché i suoi interessi sul gender, sviluppati negli anni Novanta, si sono ora spostati su temi quali la vulnerabilità, la precarietà e la non violenza. All’epoca imperava nel femminismo angloamericano la tesi di una distinzione fra sex (sesso biologico) e gender, inteso come costruzione culturale del femminile e del maschile. Butler sostiene che non solo il gender, ma anche il sex è una costruzione culturale, ossia che anche il sesso biologico, lungi dall’essere un mero fatto, è effetto del discorso. Nasce da qui la riappropriazione da parte del mondo queer della tesi di Butler, enfatizzata nel suo permettere di dire che il sesso con cui nasciamo non è un fatto che ci inchioda a un’identità sessuale bensì qualcosa che dipende dalla nostra auto percezione, fluido e modificabile. Estremizzando queste premesse, dal mondo queer è sorta la neolingua di cui abbiamo parlato. Non credo che questo esito fosse nelle intenzioni di Butler. Credo che in lei ci sia ascolto rispetto agli esiti delle sue tesi giovanili ma anche un certo imbarazzo rispetto al danno che ne è venuto al femminismo, di cui sempre si è dichiarata paladina.      

La violenza sulle Donne non va in vacanza

Nonostante il caldo, nonostante la crisi climatica e le sue devastanti manifestazioni, la violenza maschile contro le donne rimane un dato costante nel nostro paese. La cronaca dei femminicidi è oramai tale che rischia di assuefare la società ad un fenomeno che potrebbeessere percepito come ineluttabile. Malgrado tutti dichiarino di voler contrastare in ogni modo la violenza maschile sulle donne, essa non siferma, ma anzi, continua a presentare invariate le costanti nella sua fenomenologia. E basterebbe allargareil campo di lettura e non soffermarsi a dichiarazioni limitate al singolo femminicidio, per potersi rendereconto di una situazione non governata adeguatamente nonostante le leggi esistenti. Prendendo ad esempio solo le ultime due settimane, -il 21 luglio Mariella Marino è stata uccisa dall'ex marito Maurizio Impellizzieri; l'uomo era già statodenunciato e aveva ottenuto uno sconto di pena grazie all'obbligo di frequentazione di un percorso presso il CUAV (almeno il quarto femminicidio ad opera di un uomo che ha svolto un percorso presso il CUAV)- il 24 luglio Vera Maria Icardi, è stata uccisa dal marito Claudio Coli Cantone che poi si è tolto la vita;- il 28 luglio Angela Gioiello è stata uccisa dal marito Antonio Di Razza che poi si è tolto la vita, perché voleva lasciarlo a causa delle violenze subite;- il 28 luglio Mara Fait è stata uccisa a colpi di accetta a Rovereto dal vicino di casa Ilir Zyba Shehi. Alla donna, che pure aveva più volte denunciato l'uomo per stalking, era stata negata l'applicazione del Codice rosso relegando le minacce a "liti condominiali";- il 29 luglio Sofia Castelli è stata uccisa dall'ex fidanzato Zaquaria Atqaoui che non accettava di essere stato lasciato;- il 2 agosto, una donna a Reggio Calabria è stata quasi uccisa dall'ex marito che l'ha accoltellata sei volte perché non accettava la decisione di lei di separarsi da lui.  La lettura in successione dei soli ultimi casi di femminicidio, per quanto in un ristretto lasso temporale, è già sufficiente a far emergere una serie di circostanze allarmanti che necessitano di riflessione. Anzitutto, come abbiamo più volte denunciato, per quanto riguarda i CUAV, l’utilizzo giuridico che si fa di questo strumento e la mancanza di monitoraggio dell'applicazione dello stesso con verifiche e metodologie chiare e condivise rischia seriamente di rendere questi servizi per gli autori di violenza un mero escamotage per accorciare ulteriormente i tempi della pena, indebolendo sia il valore del percorso di recupero, sia anche la stessa percezione di gravità dell'azione violenta e senza valutazione del rischio di recidiva come già denunciato dalle associazioni delle donne e dai centri antiviolenza all’Atto dell’intesa Stato regioni nel settembre 2022.Oltre a ciò, emerge ancora lampante quanto sia necessaria una formazione rigorosa e verificata sullaviolenza maschile sulle donne per tutte le figure istituzionali e professionali che orbitano attorno al fenomeno.La Convenzione di Istanbul ricorda che alla base della violenza maschile sulle donne vi è l’asimmetria di potere, che produce una misoginia che viene costantemente legittimata dalla società. Ed è proprio su questo aspetto che è necessario quanto fondamentale che vi siano maggiori e più incisivi interventi normativi, che puntino al cambiamento culturale in ogni livello scolastico, di finanziamento e di verifica.Come infatti è noto, il susseguirsi di femminicidi degli ultimi due mesi è stato inframmezzato da clamorose manifestazioni del sessismo interiorizzato dalla società, quali le due sentenze della quinta sezione del Tribunale di Roma (sezione che, per la specifica specializzazione, dovrebbe essere un punto di riferimento nazionale per la risposta giudiziaria alla violenza contro le donne) di cui una assolutoria per il bidello che palpeggia la studentessa minorenne in quanto «il fatto è durato meno di 10 secondi» e per il direttore di un museo che importunava una dipendente, adducendo nemmeno tanto velatamente a “complessi psicologici” della denunciante.Si pensi poi alle dichiarazioni dei dirigenti sportivi o giornalisti alle olimpiadi, senza dimenticare le parole del presidente del Senato Ignazio La Russa che, con buona pace del ruolo istituzionale che ricopre, ha pensato bene di difendere aprioristicamente il figlio denunciato per stupro minando la credibilità della denunciante. Di fronte a tali fenomeni di regressione culturale e sociale e di fronte ad un dato, quello del femminicidio, che si mantiene strutturalmente costante, non possiamo che esprimere la nostra forte preoccupazione e richiedere con forza la necessità che le istituzioni intervengano con misure di tipo soprattutto preventivo, oltre che punitivo in modo adeguato ed efficace a contrastare reiterazioni.Auspichiamo anche azioni adeguate anche da parte della Commissione bicamerale contro il femminicidio che si è insediata solo in questi giorni con grande ritardo.     

Perché dobbiamo temere la nuova religione dell’identità di genere

di Monica Lanfranco Martedi, 25/07/2023 - Il 30 dicembre del 2021 fa scrissi su  una sorta di , provando a ragionare di argomenti politici spinosi sui quali lavorare come attiviste, nel dopo covid.Dopo aver letto  di qualche giorno fa sul Foglio a Paola Concia, attivista femminista, lesbica ed ex parlamentare nel Pd dal 2008 al 2013 mi ha colpito come, senza esserci parlate, Concia abbia toccato in modo analogo alcuni di quegli stessi temi. Scrivevo allora: ”Comincio con chi insiste a modificare la parola femminismo, come se da sola, priva di suffisso, o al singolare, o senza specifiche aggiuntive fosse incompleta e inadeguata. Perché non si parla così spesso di socialismi, comunismi, liberalismi, ma è solo il femminismo che viene nominato plurale? Posto che ovviamente si è libere di pluralizzare a piacere, domando e mi domando: come mai la visione femminista da sola appaia, per talune, obsoleta, e da qualche tempo vi si anteponga la parola trans, o si trovi necessario aggiungere intersezionale? Ho il dubbio, (e spero di sbagliare), che in noi femministe, in quanto donne, (persino le più salde e avvertite), scatti un atavico meccanismo di oblatività compulsiva, che nel caso del termine transfemminismo intenda modificare, non sono certa se in modo davvero inclusivo quanto piuttosto deviante, un percorso politico ancora molto lungo e bisognoso di focalizzazione. Restando sempre sulle parole (che nel 1955 Carlo Levi definiva «pietre», con immagine quanto mai fondativa per chi fa cultura e politica) vorrei fare un cenno al casus belli provocato dall’improvviso disagio nel pronunciare il sostantivo donna (al suo posto sarebbe più corretto, si dice in alcuni ambienti per non offendere, usare la locuzione persona con le mestruazioni, già adottata sulle confezioni di assorbenti in Inghilterra) e alla difficoltà a nominare il femminile, una pratica che la maestra Lidia Menapace diceva di primaria importanza politica perché «essere nominate significa esistere». In alcuni ambienti femministi la soluzione trovata per la scrittura sarebbe quella di usare il segno grafico schwa. Peccato: avevamo da pochissimo iniziato a sessuare il linguaggio, a nominarlo questo femminile così scomodo, a prezzo di fatiche immani sia nelle redazioni giornalistiche così come nella scuola e nelle conversazioni pubbliche, ed ecco che al neutro maschile patriarcale che cancellava le donne si sostituisce una nuova forma di obsolescenza, ma questa volta con la benedizione di alcune femministe e di parte del movimento omosessuale. Come è possibile che l’inclusione e la lotta contro la discriminazione risulti essere strumento di rimozione delle donne e della differenza sessuale da parte di pezzi del movimento femminista? E come è successo che mettere al centro del dibattito politico la prima differenza umana, quella sessuale, attira odio e persino persecuzioni, come nel caso della scrittrice J.K. Rowling?”.A due anni di distanza, oggi, Concia affronta un nuovo casus belli: questa volta si tratta di un manifesto dei Radicali italiani che invita a firmare a favore di una legge per l’aborto libero, (vecchio cavallo di battaglia dei radicali negli anni ’70) che questo volta diventa legge per tutt*, e, nel nome della ‘trans inclusività’ si suggerisce che nell’articolo 17 comma 2 della attuale legge 194 la parola “donna” venga sostituita con il termine “persona gestante”. “Lo schema mentale è sempre quello”, dice Concia nell’intervista, eliminare la donna. La rivista Lancet, quasi due anni fa, definì le donne corpi con vagina. Ma non ricordo che qualcuno abbia mai descritto l’uomo corpo con scroto”.Concia non vive in Italia, e in Europa la situazione del conflitto nel mondo femminista a proposito del cosiddetto linguaggio inclusivo, che si trascina dietro anche temi come la gpa e la libertà di prostituirsi è pesante: dell’Inghilterra si è detto, e grazie ai webinar organizzati da qualche mese dal movimento  () c’è allarme e grande attenzione a quello che sta avvenendo, soprattutto in alcune università, dove docenti e studiose femministe che criticano la sostituzione della categoria del sesso con l’identità di genere vengono censurate e spesso è loro impedito di partecipare a incontri e dibattiti, in Francia, Germania, Belgio, per non parlare della Spagna e, fuori dai confini Europei, negli Usa e in Canada.Vale la pena di leggere la  e di riflettere sul mantra dell’inclusione così come si sta delineando. Se, tornando al senso profondo delle parole e al loro mettere al mondo il mondo, ci soffermiamo sul verbo includere e sulla sua radice, troviamo questo: chiudere dentro. Non dubito che molte delle amiche e compagne di strada che in ottima fede vogliono spezzare le catene dell’oppressione, del pregiudizio e degli stereotipi sessisti abbiano a cuore la libertà e la liberazione dagli orribili vincoli dentro i quali la cultura patriarcale opprime donne e uomini. Ma il sempre più pericoloso (e non certo nuovo) meccanismo di cancellazione delle donne con la presunta inclusività di segni e simboli che estromettono il femminile del mondo dal linguaggio (e quindi dalla realtà) dovrebbe farci paura allo stesso modo in cui temiamo le destre radicali e i fondamentalismi religiosi che avanzano nel mondo, spesso grazie anche al relativismo culturale caro ad una parte della sinistra.Il femminismo, con il suo sguardo critico fondamentale, da sempre apre, illumina, sconvolge gli equilibri e rimodula in modo non violento visioni e pratiche collettive: mai dovrebbe rinchiudere e abdicare al suo compito politico, ovvero quello di porre la differenza sessuale come lente centrale di osservazione del mondo.Oggi il rischio è quello di auto cancellare in forma simbolica, e quindi anche concreta, l’esistenza politica di oltre la metà del mondo.

Umbria, nuovo attacco alla libertà delle donne

di Fabrizio Ricci Istituito un fondo per la vita nascente, sul modello del Piemonte: psicoterapia in gravidanza e associazioni pro-vita nei consultori. Ghiglione (Cgil): vogliono limitare l'autodeterminazione L'idea di fondo è che la donna che decide di ricorrere all'interruzione volontaria di gravidanza vada fermata. Ad esempio offrendole sedute di psicoterapia, oppure facendo entrare nei consultori associazioni pro-vita, magari anche finanziandole con fondi pubblici. Sembra questo l'obiettivo del nuovo “Fondo per la vita nascente”, introdotto in Umbria con una mozione delle destre che governano la Regione (solo 4 voti contrari in consiglio regionale). Un fondo pensato e costruito sul modello di quanto già creato in Piemonte, con un intento dichiarato esplicitamente: "Prevenire le interruzioni volontarie di gravidanza", attraverso "interventi volti a rimuovere gli ostacoli di natura economica e sociale che impediscono la costituzione e lo sviluppo di nuove famiglie". E il diritto delle donne all'autodeterminazione sul proprio corpo, principio cardine della 194? Non pervenuto.  Criminalizzare le donnePer Barbara Mischianti, segretaria regionale della Cgil dell’Umbria, l’atto approvato rischia di “criminalizzare” le donne che scelgono di ricorrere all’interruzione volontaria di gravidanza. "Siamo sconcertate dalla deriva ideologica nei confronti della libertà delle donne che sta portando avanti la Regione Umbria a guida leghista. Una crociata contro il diritto di autodeterminazione, una crociata contro le istituzioni laiche come i consultori, un tempo fiore all’occhiello questa regione”.  Porte aperte ai pro-lifeNell'atto approvato dal consiglio regionale umbro non c'è traccia di temi quali contraccezione gratuita, educazione sessuale e affettiva, libera somministrazione di RU486. “Avremmo voluto leggere di campagne informative riguardo al parto in anonimato, di assunzioni e potenziamenti strumentali nei consultori – continua Mischianti - ma siamo in Umbria, dove nel 2023 si aprono le porte dei servizi pubblici alle associazioni pro-life e alle loro attività ideologiche. Come Cgil - conclude la segretaria - saremo al fianco dei movimenti delle donne, che in questa regione si sono già mobilitati per respingere l’attacco delle forze politiche conservatrici e i loro continui tentativi di rimettere in discussione il diritto all'autodeterminazione conquistato dalle donne”.  Precarietà e autodeterminazioneE proprio i movimenti delle donne, riuniti in Umbria nella rete RU2020, non ci stanno: “Questo è l’ennesimo tentativo, da parte delle forze politiche conservatrici, di ostacolare il percorso che le donne intraprendono nei servizi pubblici previsto dalla legge 194/78”, scrivono in una nota. “A nulla vale sostenere che si tratta di politiche volte a eliminare gli ostacoli di natura economica che impediscono alle donne di scegliere liberamente se portare avanti o meno una gravidanza, tutte le statistiche ci dicono che la scelta di abortire è meno legata a problemi economici e più alla precarietà del lavoro e alla legittima scelta di autodeterminare le proprie vite”. Asili nido dimenticatiSecondo la rete RU2020, “se realmente si volessero perseguire politiche volte a incentivare la natalità, le scelte su come investire i soldi pubblici ricadrebbero sull’introduzione, anche a livello regionale, di forme di sostegno per le donne che lavorano e si punterebbe sull’aumento dei posti negli asili nido (che sono stati invece dimenticati come destinatari di fondi del Pnrr) e nelle scuole dell’infanzia e su misure che incentivano la riduzione del lavoro precario e sottopagato”.  Ghiglione: mappatura sui territoriRegioni come il Piemonte e come l'Umbria stanno facendo un'opera di “apripista” in Italia a un progetto di limitazione dell'autodeterminazione delle donne, che le destre stanno cercando di realizzare a livello internazionale. Ne è convinta Lara Ghiglione, segretaria nazionale della Cgil, secondo la quale le associazioni antiabortiste, in concerto con rappresentanti delle istituzioni compiacenti, stanno conducendo una vera e propria “crociata per cercare di acquisire spazi e consenso”. “Come Cgil nazionale – afferma Ghiglione - stiamo monitorando e denunciando tutte le situazioni nelle quali si tenta di colpevolizzare le donne che scelgono liberamente di ricorrere all'interruzione volontaria di gravidanza, considerando queste modalità una vera e propria violenza psicologica. Stiamo anche conducendo una mappatura di tutti i territori – continua la segretaria Cgil  per cercare di monitorare i casi in cui l'obiezione di coscienza rischia di ostacolare la libera scelta”. “Il problema della natalità non si risolve facendo pressione psicologica sulle donne – conclude Ghiglione - ma garantendo occupazione di qualità, aumentando i salari e assicurando servizi pubblici a sostegno delle famiglie. Tutto il resto è becera propaganda oscurantista”.     

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