Mozione approvata all’unanimità

dal XVI Congresso nazionale dell’Udi  6-8 maggio 2016

8 Maggio 2016 

 

Al Presidente della Repubblica Sergio Mattarella

Al Presidente del Consiglio Matteo Renzi

Al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale Paolo Gentiloni

Al Presidente della Commissione Europea Jean-Claude Juncker

All’Alta Rappresentante dell'Unione per gli affari esteri e la politica di sicurezza Federica Mogherini

 

Noi donne dell’UDI, riunite nel 16° congresso della nostra associazione, condanniamo ogni forma di schiavitù fuori e dentro ogni confine. Siamo convinte che scambi commerciali, trattative e transazioni finanziarie, accordi che prevedano il trasferimento di fondi Italiani e comunitari favoriti dal consenso dei nostri rappresentanti in Europa verso governi dispotici e criminali, siano una forma condannabile e imperdonabile di complicità.

 

Non possiamo ammettere che il nostro paese, che pure sottoscrive e proclama il valore delle carte dei diritti, legittimi relazioni commerciali con paesi che favoriscono, al di là di legislazioni dal puro valore formale, la schiavitù, e che la praticano su donne, bambine, bambini e uomini.

 

Il sistematico sfruttamento sessuale di donne e bambine è il quadro che definisce la schiavitù nella sua vera essenza e che fa del genere femminile una merce ambita anche dopo la fuga, fonte di guadagno per reti criminali ed agenzie informalmente ma profondamente radicate nel crimine e nelle violazioni della legalità voluta dalle donne.

 

È per noi intollerabile che si riproducano nel nostro paese forme di schiavitù, silenti e non meno odiose di quelle dei paesi così detti poveri, ma in realtà impoveriti, dove dittatori e despoti si arricchiscono grazie alle complicità e ai favori dei governi occidentali.

 

La nostra condanna è anche l’espressione della volontà di perseguire le conseguenze di un’immigrazione, volutamente condotta nell’ambito dei reati, che non viene riconosciuta nella sua dimensione di genere e riconosciamo il diritto alla fuga dall’oppressione patriarcale esercitata in modo criminale e sanguinario.

 

La nostra richiesta nasce dalla relazione costante sul territorio e fuori dai confini con donne eritree, somale, mauritane e di tante altre nazionalità che dai centri di accoglienza CIE e CARA raccontano questo dramma.

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